Leonardo va alla guerra
Leonardo Chiariglione
Il monito è duro, ma proviene dalla fonte più qualificata: l'artefice dei Media
numerici prevede il flop della nascente TV digitale terrestre italiana. A meno
che, spera, politici e industriali cambino rotta. Il richiamo è di
Leonardo Chiariglione, ingegnere
piemontese che ha creato gli standard dell'intrattenimento telematico, da Mp3
a Mpeg5, e si appresta a lanciare inediti algoritmi per la gestione evoluta
dei flussi audiovisivi. Ecco perché uno dei leader mondiali di Internet, secondo
una
classifica stilata da Time, ha intrapreso
una battaglia per “risanare” i Digital Media.
Qual'è la sua attività oggi, dopo le dimissioni dalla Telecom?
Alla Telecom ero responsabile della divisione Multimedia. Un gruppo di 30 ricercatori
che dovrebbe essere tesoro dell'azienda e vanto di un Paese che parla tanto
di ricerca, ma non ne sa più fare. Invece, oggi va alla deriva. Il mio impegno,oltre
a MPEG, è lanciare il Digital Media Project per far decollare i Media Numerici,
ed intrattenere rapporti con enti ed aziende.
Come capo del
Gruppo Mpeg, lei è diventato uno degli innovatori più incisivi dei sistemi telematici:
com'è iniziata questa avventura?
Alla fine degli anni '80 mi resi conto che le tecnologie di compressione audio
e video per applicazioni di intrattenimento erano pronte per essere standardizzate,
creare un mercato di massa e quindi traghettare i media
dal mondo analogico al mondo numerico. E mi resi conto anche che questo si otteneva
creando uno standard generico, che potesse quindi essere utilizzato dalle varie
industrie.
Tra le tecnologie implementate dal suo team, c'è MP3, che ha dato il via
libera alla pirateria on line. Ha avuto sensi di colpa e problemi con le Major?
No, non ci sono stati conflitti, né interni, né esterni. Capire com' è fatto
il segnale audio e studiare come rappresentarlo con il minor numero possibile
di bit è un'attività scientifica. Documentare come fare questo in un modo efficace
è un'attività di natura industriale. Usare lo standard può creare un mondo nuovo,
e se questo non è ancora avvenuto è perché diversi interessi hanno voluto lasciare
nell'incertezza i diritti di creatori, distributori ed utenti.
Ci aggiorna gli sviluppi della ricerca Mpeg?
Gli standard più recenti sono Mpeg 7 e 21. MPEG-7 è stato approvato due anni
fa, mentre di MPEG-21 sono già state approvate alcune parti, ed altre lo saranno
nei prossimi mesi. MPEG-7 è uno standard per la descrizione di contenuti, fondamentale
per essere trovati nel mare magnum del Web. MPEG-21 permette invece di “vendere”
contenuti senza la necessità di investire direttamente in un'infrastruttura
di distribuzione, che solo grandi aziende possono permettersi.
Veniamo alla sua battaglia con il Digital Media Project. Perché la tecnologia
digitale non ha generato nel campo dei Media i benefici di altri settori?
Per la situazione di stallo creata dall'ambiguità del contesto legislativo sui
Media e dall'uso “disinvolto” delle tecnologie da parte di nuovi operatori,
cui si oppongono solo azioni legali. A questo, si aggiunga la riluttanza delle
Media Company ad usare le tecnologie numeriche. Il
Digital Media Manifesto ,definitivo
il 30 settembre, ma che già oggi elenca le azioni politiche, legali e tecniche
che vogliamo avviare, intende superare questo stallo con una proposta tecnologica
precisa: i contenuti sono protetti, altrimenti non valgono più nulla, ma lo
strumento di consumo dei contenuti è liberamente acquistabile nei negozi.
Come mai il padre della tv digitale non figura tra i membri del Comitato
per lo sviluppo dei sistemi digitali, creato dal Garante nelle Comunicazioni?
Forse mi può aiutare lei a dare la risposta…Io penso che la televisione terrestre
possa avere un futuro numerico, ma finora si sono solo accumulati sbagli su
sbagli. Prendiamo il caso dell'Inghilterra: c'erano due operatori, costretti
a fondersi perché perdevano soldi. La società risultante è andata in bancarotta.
Alla fine il governo inglese ha capito che costringere gli operatori ad investire
in set top box li portava al fallimento e ha optato per una modalità di servizio
dove sono gli utenti a comperarselo: la scoperta del secolo! Adesso le cose
sembrano andare bene. Idem per la pay TV da satellite. Dove c'è concorrenza
gli operatori sono in rosso, anche in un mercato omogeneo da 280 milioni di
utenti come gli USA, mentre dove c'è monopolio sono in nero. Perché? Sempre
la solita storia, in regime di concorrenza gli operatori devono sobbarcarsi
i costi del set top box e si svenano.
Cosa pensa di Murdoch nel sistema televisivo italiano? Dopo il fallimento
di Vivendi, e della linea europeista, la tv nazionale rischia di americanizzarsi
troppo?
Bruxelles non può da una parte mettere quote minime di programmi di produzione
europea e dall'altro appoggiare scelte di business sconsiderate degli operatori,
perché si ottiene anche questo risultato! Da noi si è appena costituito un monopolio
con la giustificazione: “se non li lasciamo fondere vanno in bancarotta tutti
e due”. Sarà vero, ma si è giunti a questa situazione perché gli operatori hanno
sempre bloccato qualsiasi standard che aprisse il mercato dei set top box e
perché Bruxelles ha sempre dato loro corda. Se il modello di business è sballato,
non si dà un premio a chi lo ha perseguito dicendogli: “sei un birboncello,
ma per questa volta passi”. Gli si dice invece: “cambialo,
non è giusto che sia la collettività a pagare le tue follie”. Io penso sia giunta
l'ora di rivedere il modo in cui si definiscono le politiche europee sui Media.
Che si sbagli è umano, ma che non se ne imbrocchi una è diabolico. Ed in Europa,
a partire dall'HD-MAC, lo standard dell'alta definizione, non ne abbiamo imbroccata
una.
Il nascente digitale terrestre servirà, come si dice, a superare le limitazioni
antitrust, e sarà la piattaforma della convergenza?
Non penso ci siano soglie antitrust, visto che si è appena permessa la costituzione
di un monopolio, e non so che cosa voglia dire “piattaforma della convergenza”,
o “interattività” in un sistema broadcast. C'è, e ci sarà sempre di più, una
gran quantità di sistemi che portano bit nelle case, mentre il mondo continua
ad essere suddiviso a comparti: TV terrestre, da satellite, via cavo, supporti
su nastro e disco, Internet su ADSL, fibra ottica. Ma i sistemi di delivery,
diventano irrilevanti, perché l'importante è quello che viaggia sui sistemi
di delivery! Comunque, usare slogan come “DTT supera le limitazioni antitrust”
e simili, come fanno i politici, è utile come calcolo elettorale, ma a lungo
termine vuol solo dire soldi della collettività buttati al vento.
Dunque, vede buio pesto per il DTT italiano?
O si adotta un modello di business valido o anche l'avventura italiana della
televisione numerica terrestre finirà come quella degli altri Paesi che ci hanno
provato. Si è arrivati a toccare il fondo del barile, in Italia in particolare.
E' giunto il momento di stabilire la regola che chi sbaglia deve pagare.