I migliori media della nostra vita

Leonardo Chiariglione, CEDEO.net

Forse non ci siamo accorti di quanto, negli ultimi dieci anni, sia mutato il nostro rapporto con i media. Dieci anni fa parlare di media voleva dire carta stampata da una parte e dall’altra primariamente televisione ed eventualmente cassette e dall’altra musica su compact disc. I pochi che avevano già preso dimestichezza con il PC se ne servivano per scrivere documenti o fare conti con tabelle excel. Tra i pochi che armeggiavano sulla tastiera ancor meno erano coloro che usavano la posta elettronica e pochissimi quelli che “navigavano” sul web. Altri – non moltissimi in verità in Italia – armeggiavano con le console per video giochi.

In questi anni abbiamo visto entrare in scena in rapida successione il DVD che ha portato immagini bellissime ed audio multicanale dove prima c’erano immagini tremolanti ed audio approssimativo, la musica MP3 sul PC con tutte le libertà che conosciamo, seguita dal player RIO, il progenitore dei player MP3 portatili intorno a noi, la televisione da satellite in versione “free” e a pagamento con centinaia di canali, i film su DivX, tutti i tipi di media del web in modalità diretta o peer-to-peer, una serie molto lunga di video giochi di successo e delle relative console, per giungere infine agli ultimi fenomeni dell’iPod per musica e per video.

Mai nella storia sono state gettate così tante novità addosso a così tante persone. Ce ne sarebbe già abbastanza da digerire se le cose si fermassero qui. Invece no, perché si preannunciano altre novità, quali il famoso video on demand su ADSL ed una quantità di media, inclusa la televisione, sui nostri telefonini. Per non parlare della telefonia su IP che, dicono, dovrebbe costare una frazione di quanto ci costa oggi, specie sulla lunga distanza.

Ma più sottili e forse più profondi cambiamenti nel nostro rapporto con i media si sono verificati in questo periodo. Da sempre il diritto d’autore/copyright ha condizionato il business dei media ma noi utenti ne eravamo largamente fuori: gurdavamo la RAI perché pagavamo il canone e le altre televisioni commerciali perché ci impegnavamo a guardare la pubblicità. Non eravamo toccati dal fatto che i broadcaster pagassero fior di soldoni per acquisire i diritti di un film famoso. Così si comperava un CD o una cassetta audio o video e magari si facevano, con qualche fatica e poca promessa di buon risultato, copie di cassette o di trasmissioni radio e televisive. Ma tutto questo a cuor leggero.

Oggi non è più così. Chiunque può farsi copie di CD e DVD, meglio ancora se copie di MP3 e DivX, ancor meglio se “tirate giù” da qualche sito, magari peer-to-peer. Specie nei giovani – oggi come dieci anni fa, anzi da sempre – con più voglie che soldi, il rapporto con i media è diventato più simile a “trovo quello che mi piace dove voglio”, il prezzo essendo, come si diceva ancora dieci anni fa da alcuni del salario, “una variabile indipendente”.

Le grandi “media company” naturalmente sono preoccupate e mettono in piedi ogni sorta di azioni per proteggere i loro beni. Quindi tutti coloro – operatori sul web, broadcaster, operatori di telefonia fissa e mobile, costruttori di apparati, società di informatica – che vorrebbero approfittare delle prospettive che si aprono sono costretti ad adottare forti strumenti di protezione per la distribuzione dei loro contenuti.

I risultati? Non sono granché. Nella maggior parte dei paesi europei c’è un solo operatore di TV da satellite che opera in regime di monopolio virtuale. Dove c’è la concorrenza del cavo o, come in Italia, della televisione numerica terrestre, c’è incompatibilità di piattaforme per cui chi ha vasti interessi (ad esempio più partite di calcio) o si rode periodicamente i pugni o fa abbonamenti su abbonamenti impilando set top su set top box.

Nel campo della musica online assistiamo al successo dell’iPod che è uno stilosissimo player MP3, ma un file di musica (protetta) comperato da iTunes non funziona su nessun altro player di musica, sia non protetto che protetto, di mia proprietà o di altri. In più i termini della licenza iTunes cambiano nel tempo con il risultato che oggi non posso più fare quello che facevo ieri.

Cose simili già succedono negli USA per i servizi di film online. Un file comperato da un sito web, ad esempio dal sito CinemaNow non funziona sul player DivX che invece mi fa vedere un file DivX protetto acquistato dal sito DivX.

Possiamo facilmente ipotizzare che il servizio di video on demand di Telecom Italia sarà incompatibile con i servizi di altri operatori, che i servizi “media” sui telefonini Vodafone saranno incompatibili con quelli di TIM, Wind e 3 Italia, che i servizi di mobile TV saranno tutti incompatibili a seconda del fornitore di servizio ecc.

È forse giunta l’ora di porsi qualche domanda. La prima è: siamo sicuri che ci sia tutta questa richiesta di media? La seconda domanda è poi: siamo sicuri che gli utenti siano disposti a perdere tutte le libertà che, nel bene come nel male, si sono conquistate, per passare a qualcosa di infinitamente più ristretto e costretto? Infine la terza domanda è: siamo sicuri che funzioni solo il modello dei media saldamente protetti?

La risposta alla prima domanda potrebbe essere sì, se si pensa a quello che è successo nel web nei 10 anni passati dove il mercato “legale” della musica è diventato un nano a confronto del numero di file scambiati sulle reti peer-to-peer. La risposta alla seconda domanda richiede invece una buona dose di ottimismo per avere una risposta positiva. Ad esempio il mercato dei media su mobile, dopo tanto spingi spingi, non è ancora decollato. Il numero di file iTunes sono modesti a dir poco se confrontati con il numero di player iPod. In tutti i paesi in cui la televisione a pagamento opera in un mercato concorrenziale gli operatori sono in rosso e negli altri devono affrontare churn out altissimi che si combattono con frenetici aumenti di costi acquisizione clienti.

Per cui la risposta alla terza domanda diventa: dei modelli già esistono. Da una parte si assiste al fenomeno dei media cosiddetti autoprodotti che sono riliasciati con una licenza chiamata Creative Commons che concede all’utente vari diritti, ad esempio copiare e distribuire, purché vengano rispettati certi vincoli, ad esempio di riconoscere l’autore ecc. Dall’altra si stanno preparando tecnologie, quali la piattaforma DRM interoperabile del Digital Media Project che permette agli aventi diritto di conservare il controllo delle proprie opere dando in cambio agli utenti finali almeno l’interoperabilità degli apparati ed un accesso non strozzato a chi crea.